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Wilhelm J. Burger: fotografo di viaggio

La fotografia: Giappone e Cina in posa
a cura di Elisa Vecchione​

Tra le immagini presenti in fototeca dell’Estremo Oriente, pervenute all’Ente da diverse donazioni è emerso un nucleo di fotografie, formato carte de visite, riconducibile ad un unico studio fotografico, quello dell’austriaco Wilhelm J. Burger.
Le poche notizie a disposizione, per la maggior parte ricavate dai viaggi compiuti, dai lavori svolti e dai premi vinti, ci hanno permesso di ricostruire, in parte, la vita e l’attività lavorativa di questo professionista che si è rivelato essere un’importante esponente della fotografia di viaggio della seconda metà dell’Ottocento.
E’ stato un percorso a ritroso, come di solito avviene quando si deve ricostruire la vita e l’opera di una persona di cui si hanno pochi e frammentari elementi.
Solitamente accade questo quando si indaga su fotografi minori legati, come epoca, alla prima fase della storia della fotografia. Ma il quadro che è emerso rivela la figura di un uomo che dedicò tutta la vita alla sua professione, soprattutto alla fotografia etnografica e di viaggio, contribuendo così, con la sua opera, ad offrire una visione del mondo, seppur parziale, ai contemporanei e ai posteri.

Wilhelm J. Burger nacque a Vienna nel 1844. Si avvicinò molto presto, sin dall’età di sedici anni, al mondo della fotografia, apprendendo l’arte e la tecnica dallo zio Andreas von Ettingshausen (1796-1878). Questi, insegnante di matematica e fisica all’Università di Vienna, promosse studi sull’ottica e tra il 1839 ed il 1842 fu sostenitore, come membro del Fürstenhof-Runde, dei i primi esperimenti viennesi di fotografia. L’influenza di questo parente fu decisiva per infondere al giovane questa passione. Burger continuò poi i suoi studi, sempre in ambito artistico, prima all’ Accademia delle Belle Arti di Vienna e poi come allievo nello studio dell’incisore Piloty Ferdinand, a Monaco di Baviera.
I primi anni della sua carriera lo videro impegnato in un atelier della capitale, dove perfezionò la tecnica e la foto di posa, ma la prima occasione importante gli venne offerta nel 1868, quando l’Impero austro-ungarico organizzò una spedizione diplomatico-commerciale e scientifica in Asia Orientale, la K.K. Mission nach Ostasien und Südamerika, e Wilhelm fu chiamato a parteciparvi in qualità di fotografo.

Vennero inviate la fregata S.M. Donau, posta sotto il comando del Contrammiraglio barone Anton Freiherr von Petz e la corvetta S.M. Erzherzog Friedrich.
La missione, si protrasse dal settembre del 1868 al marzo del 1870 e fece scalo a Gibilterra (novembre 1868), Singapore e Borneo (aprile 1869), Siam (aprile-maggio 1869), Vietnam (maggio 1869), Cina (giugno-settembre 1869), Giappone (Nagasaki, Yokohama, Osaka, Kamakura, Tokyo 27 settembre 1869 – marzo 1870).
Il primo marzo del 1871 la fregata S.M.S. Donau rientrò a Pola mentre la corvetta S.M. Erzherzog Friedrich rimase ancora per un anno nelle acque dell’Asia orientale per poi proseguire il suo viaggio verso il Sud America prima di rientrare, sempre a Pola, il 26 gennaio 1872.

Da un punto di vista diplomatico, la delegazione, aveva il compito, tra gli altri, di ultimare le trattative commerciali e marittime col Siam e col Giappone mentre l’equipe di studiosi quello di documentare il viaggio.
L’aspetto scientifico fu curato dal conte Karl von Scherzer, che venne nominato primo ufficiale della missione. Egli aveva precedentemente preso parte alla spedizione scientifica, voluta dall’arciduca Massimiliano d’Asburgo, a bordo della Fregata S.M. Novara, tra il 1857 al 1859, per un viaggio di circumnavigazione della terra. In quella occasione si distinse in vari ruoli, come studioso e documentarista, realizzando una raccolta di ottanta immagini di carattere etnografico e paesaggistico che venne esposta alla Mostra inaugurale nella capitale nel 1864. Membro della Photographic Society di Vienna, diede molta importanza all’utilizzo della fotografia come fonte di documentazione, tanto che riuscì a ottenere un equipaggiamento fotografico all’avanguardia, per l’epoca, e la presenza di personale esperto, a bordo della corvetta S.M. Erzherzog Friedrich, dove era imbarcato con l’equipe di studiosi per la missione in Asia Orientale.
Fu proprio grazie al suo impegno che la spedizione si assicurò la presenza del giovane e talentuoso Wilhelm J. Burger, la cui fama era già nota per la menzione d’onore che si era conquistato, al Salone di Parigi, in occasione dell’Esposizione Universale del 1867, con immagini paesaggistiche del Salisburghese e della Stiria (Salzkammergut).

Wilhelm J. Burger fu affiancato dal suo assistente Michael Moser (1853-1912), che all’epoca aveva soltanto quindici anni. Vi era, inoltre, il barone Eugen von Ransonnet (1838-1926), che realizzò numerosi disegni di paesaggi e di soggetti etnografici.
Le notizie che abbiamo di questa missione riguardano perlopiù il Giappone. Infatti, dopo quasi un anno da quando la spedizione lasciò gli ormeggi dal porto di Trieste, essa approdò nel porto di Nagasaki, dove la S.M. Donau ormeggiò per una decina di giorni.
Durante questa breve permanenza l’equipaggio imbarcò numerosi manufatti, di vario genere, acquistati nei mercati. Vi era l’interesse a stabilire relazioni diplomatico-commerciali con questi lontani paesi e raccogliere materiale di carattere scientifico e culturale. Lo stesso Karl von Scherzer acquistò vari prodotti su commissione di un noto mercante austriaco e realizzò una serie di fotografie, che ritraevano oggetti d’arte, manufatti, architetture, paesaggi e persone. L’intento era quello di creare una raccolta di immagini che documentasse il viaggio sotto ogni punto di vista. Ed è grazie alla creazione di questo portfolio che è possibile seguire il nostro fotografo durante la missione.

Burger, infatti, non proseguì subito con la fregata S.M. Donau per il Giappone ma si trattenne a Shanghai con l’equipaggio della corvetta S.M. Erzherzog Friedrich per ultimare il reportage fotografico. Di questa sua sosta a Shanghai non abbiamo nessuna testimonianza. Le tre immagini che possediamo e che ci offrono un piccolo esempio del lavoro che egli realizzò in Cina e nel vicino Vietnam, sono state realizzate durante il viaggio di ritorno, e successive al marzo del 1870. Il ritratto di una Ragazza cinese (Fototeca, inv. F25941), di un Gruppo di giocatori d’azzardo (Fototeca, inv. F25956) e di una Ragazza annamita (Fototeca, inv. F25949), sono immagini riprese rispettivamente a Canton, Hong Kong e Annam, città dove Burger fece sosta dopo essere stato in Giappone, di rientro verso casa.
Dopo Shanghai Burger raggiunse Edo (attuale Tokyo), quindi Yokohama, per ricongiungersi alla spedizione solo in un secondo momento.
La permanenza a Yokohama fu importante perchè in questa città ebbe l’opportunità di lavorare nello studio di Shimooka Renjō (1823-1914), fotografo specializzato in ritratti in studio. Shimooka aveva avuto già molti contatti con professionisti stranieri: con John Wilson (1800-1868), fotografo ufficiale delle spedizione prussiana del 1860-1861, Henry Heusken (1832-1861) interprete per il consolato americano, Samuel Robbins Brown (1810-1880) e con il fotografo missionario americano, John Thomas Gulick (1832-1923).

Aperto al dialogo con gli occidentali accolse nel suo studio anche Wilhelm J. Burger.

Alcune delle immagini che abbiamo analizzato presentano un elemento comune, un tipico basamento in legno sul quale poggiano i soggetti ritratti. L’immagine che ritrae un trio di Comici giapponesi (Fototeca, inv. F190507), quella di un Ufficiale del Governo giapponese con la moglie (Fototeca, inv. F190509), quella di un Mercante giapponese (Fototeca, inv. F25947) e di un Attore giapponese (Fototeca, inv. F190505), possiamo supporre che siano state scattate proprio nello studio di Shimooka Renjō a Yokohama. Questa specie di palcoscenico ligneo, infatti, compare anche in molte immagini del fotografo giapponese. Anche la carte de visite che ritrae un Ufficiale del governo giapponese con i suoi inservienti (Fototeca, inv. F26001) presenta elementi riconducibili alla città dove dal 1862 aveva lo studio Shimooka; primo atelier giapponese aperto a Yokohama. La coloritura a mano, di questa fotografia, è, infatti, un elemento distintivo che caratterizzò la produzione iconografica della scuola di quella città: la Scuola di Yokohama (Yokohama Shashin).

Questa scuola si formò agli inizi degli anni ’60 dell’Ottocento e fu caratterizzata dalla fusione tra la fotografia, come mezzo espressivo all’avanguardia, e la pittura tradizionale delle stampe dell’ukiyo-e (le “immagini del mondo fluttuante”). Da queste rappresentazioni grafiche venne ripreso l’utilizzo intenso del colore e abbinato alle stampe fotografiche all’albumina per mezzo della coloritura a mano. I maggiori esponenti furono Pierre Rossier (1829-1898), Raimund Von Stillfried (1839-1911), Felice Beato (1834-1907 ca.), Adolfo Farsari (1841-1898) e fotografi giapponesi quali Shimooka Renjo (1823-1914), Ueno Hikoma (1838-1904), Uchida Kuichi (1844-1875), Yokoyama Matsusaburo (1838-1884), Kusabe Kinbei (1841-1934).
Questa tecnica pittorica applicata alla fotografia non trovò molto seguito in Europa, mentre in Giappone venne impiegata fino al primo decennio del ‘900.
Nei mesi in cui Burger rimase a Yokohama, la produzione delle fotografie colorate a mano era in piena attività ed è facile pensare che anch’egli rimase attratto dall’utilizzo di quest’arte; come dimostra l’unica carte de visite colorata, presente nelle nostre collezioni, e appartenente proprio alla raccolta del fotografo austriaco.

L’appoggio di Shimooka Renjō fu decisivo per la crescita professionale di Wilhelm J. Burger, e importante, da un punto di vista pratico, per poter disporre della attrezzatura necessaria per lo sviluppo delle lastre fotografiche.
Ma gli obblighi contrattuali a lui assegnati e al suo assistente Moser monopolizzarono gran parte del loro tempo e del loro lavoro e posiamo supporre che essi non fossero pienamente liberi di operare delle scelte autonome in ambito fotografico. La realizzazione delle immagini volute da Karl von Scherzer condizionò il loro modo di lavorare e la scelta dei soggetti da ritrarre. Eppure Burger realizzò ed acquistò negativi, che poi stampò nel suo studio di Vienna al rientro dal viaggio, anche per la sua attività commerciale, come dimostra la serie di carte de visite a noi pervenuta da collezionisti privati.
La passione per l’esotismo che sì sviluppò un po’ in tutta Europa e in America nella seconda metà dell’Ottocento, portò ad un’importante commercializzazione di questi prodotti e alla nascita di un vero e proprio mercato legato a questi souvenir di viaggio.

Le immagini venivano realizzate anche per soddisfare la curiosità di chi non poteva concedersi il lusso del viaggio, e così, accanto all’interesse puramente scientifico, si sviluppò una vera e propria passione per questi oggetti che riproducevano un mondo seducente e sconosciuto.
Le poche fotografie di Burger che possediamo ci comunicano questo: la rappresentazione dei così detti Native Types (tipi nativi), nella sequenza delle sedici carte de visite, ripropone dei modelli rappresentativi di una cultura lontana.
In particolare le immagini: Ragazza giapponese alla scrivania (Fototeca, inv. F190506), Ragazza giapponese (Fototeca, inv. F190504), Giapponese vestita da sposa (Fototeca, inv. F190508), per la rappresentazione degli abiti tradizionali; Guerriero giapponese (Fototeca, inv. F25955) come esempio di samurai; Mercante giapponese (anche se la traduzione dell’ideogramma raffigurato rivelerebbe l’indicazione di un’attività intellettuale) (Fototeca, inv. F25947), il Giovane suonatore giapponese di cota (Fototeca, inv. F190513) e il gruppo di Pompieri giapponesi (Fototeca, inv. F190511) per la rappresentazione dei mestieri. Interessante anche l’Attore giapponese (Fototeca, inv. F190505) vestito con abiti occidentali e raffigurante la caricatura di un europeo, come indicato sul verso del cartoncino; una sorta di esotismo all’incontrario: questa volta è l’occidentale ad apparire “esotico”.

Intanto, mentre la corvetta proseguiva il suo viaggio alla volta del Sud America, Burger lasciò la città per recarsi a Nagasaki, ma questa volta senza il suo fidato assistente, che rimase a Yokohama per i successivi sette anni. Moser infatti aveva trovato lavoro come fotografo per la rivista L’Estremo Oriente e questo lo portò ad allontanarsi dalla spedizione.
Un importante documento realizzato dallo studioso Luca Gartlan e pubblicato nel sito NAOSITE Nagasaki University’s Academic output SITE sulla Photography and Imperial Austrian Expedition in Nagasaki (1869-1870) ci offre preziose informazioni sull’attività del nostro fotografo durante la permanenza in questa città.
A Nagasaki Burger documentò la zona del porto, ma sono rare e pregiate queste vedute. La limitata quantità può essere giustificata, come ci spiega l’autore di questo breve estratto, solo analizzando la tecnica usata dal fotografo.
Egli privilegiò l’impiego di lastre al tannino a secco preparate a Vienna prima della partenza. Lo svantaggio che comportava questo procedimento era dovuto al fatto che, utilizzando un obiettivo da ritratto (Voigtländer-Petzval), il tempo di esposizione necessario per impressionare l’immagine sfiorava i sette minuti e rendeva difficoltoso il lavoro in esterno. Burger usò questa tecnica non soltanto per la sperimentazione ma anche per la difficoltà nel reperire altro materiale in loco. Accanto a queste lastre era solito adoperare il più pratico procedimento al collodio umido, il cui uso si diffuse in Giappone con notevole ritardo.

A Nagasaki lavorò nello studio di Ueno Hikoma (1838-1904), pioniere della fotografia giapponese che si distinse per i suoi raffinati ritratti e per le sue eccellenti vedute.
I lavori più rilevanti, in termini di quantità, sono i ritratti in studio.
Dell’intera serie di immagini analizzate e che abbiamo ipotizzato esser state realizzate a Nagasaki nell’ateler di Hikoma, la carte de visite che ritrae un gruppo di Attrici giapponesi (Fototeca, inv. F190510), è l’unica che ci offre un elemento sicuro per questa attribuzione: la presenza della balaustra sullo sfondo. Questo elemento d’arredo era infatti presente nello studio del fotografo giapponese e ricorre molto spesso nelle sue fotografie. Per le altre vale l’affinità stilistica con la l’immagine Nativo di Nagasaki (Fototeca, inv. F190512) data dalla comune chiusura ad iride attorno al soggetto ritratto resa dalla sfumatura dello sfondo.
In Giappone realizzò anche degli scatti per la creazione di stereoscopie. Queste immagini, molto rare e di eccezionale valore, hanno una particolarità, sono singoli fotogrammi identici montati su un unico cartoncino. Attraverso l’utilizzo dello stereoscopio è possibile notare il ridotto effetto tridimensionale dato dalla loro omogeneità. Probabilmente egli non disponeva di una fotocamera a due obiettivi per stereoscopie, molto richieste sul mercato, ed operò questo escamotage per poterle ugualmente produrre.
Rientrato a Vienna nel marzo del 1870, dopo aver trascorso quasi sette mesi in Giappone, espose la sua raccolta di immagini in diverse occasioni prima di ricevere un effettivo riconoscimento pubblico. Nel 1870 venne organizzata a Vienna presso il Palazzo Eschenbach, un’importante mostra con oggetti raccolti dai membri della spedizione.
Negli anni successivi continuò a beneficiare della notorietà di questa raccolta di fotografie e confezionò un album che dedicò all’imperatore Francesco Giuseppe e che venne esposto al pubblico al Museo di Arti Applicate della capitale.

Il 6 dicembre 1872 presentò un album di 150 immagini della Cina e del Giappone alla Photographic Society di Vienna. L’anno successivo le sue foto vennero esposte alla Esposizione Mondiale di Vienna. Nonostante questi eventi pubblici e la notorietà che riuscì a conquistare con il suo lavoro, egli non poté mai godere appieno del monopolio sulle fotografie realizzate in Giappone, per alcune delle quali prevalse la paternità del fotografo giapponese Ueno Hikoma sin dall’esposizione del 1873 a Vienna.
Questo aspetto non limitò il ruolo della fotografia ma mise in evidenza l’opportunità di una comunicazione culturale tra i due paesi. Il traffico di fotografie, infatti, non avvenne in una sola direzione. Durante una visita ufficiale della spedizione a Tokyo venne consegnato all’ Imperatore Mutsuhito, un album fotografico con ritratti, paesaggi e città dell’Austria. In questa occasione la fotografie ebbe il ruolo peculiare d’essere oggetto di scambio culturale.
Wilhelm J. Burger può essere considerato uno dei maggiori fotografi di viaggio austriaci dell’Ottocento, come testimonia la vasta quantità di negativi e di fotografie custodita presso l’archivio della Biblioteca Nazionale Austriaca, per un totale di 840 pezzi, 325 [?] dei quali realizzati durante la spedizione in Estremo Oriente. Bisogna riconoscere però che questa ingente raccolta non fu il frutto esclusivo del lavoro di un singolo. Accanto a Burger lavorarono l’assistente Moser, il conte Karl von Scherzer, il barone Eugen von Ransonnet e fotografi e fornitori locali, presso i quali egli acquistò molti negativi che vennero poi utilizzati per far conoscere questi luoghi agli europei.

Partecipò in seguito anche ad altre spedizioni: tra il 1872 e il 1874 alla spedizione austro-ungarica al polo Nord, nel 1876 alla spedizione a Samotracia e nel 1881 a quella in Asia Minore.
Nel 1874, aprì uno studio fotografico a Vienna. In seguito, lavorò anche in Francia dove si firmava semplicemente con l’acronimo G utilizzato per esprimere il suo nome in francese: Guillaume.
Come si apprende dal timbro apposto sul verso delle sue immagini venne insignito, nel 1872, della medaglia d’oro a Mosca e nel 1873 a Vienna.  Morì il 10 marzo del 1920.

 

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